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Intervista a Massimiliano Neri, Defensive Coach dei Knights Sant’Agata

  • Ciao Coach Nero, presentati ai nostri lettori e raccontaci quali sono state le tue precedenti esperienze nel mondo del football.
    • Ciao a tutti da Massimiliano Neri, perchè questo è il mio vero nome, anche se tutti nell’ambiente mi conoscono come il “Nero”. Ho conosciuto questo fantastico sport nel lontanissimo 1982 guardandolo in TV, su “Italia Uno” commentato all’epoca da Guido Bagatta e nello stesso periodo ho appreso che anche a Ferrara esisteva una squadra di football americano. E così, vista la mia giovanissima età, ho insistito a lungo con mio padre per farmi accompagnare al campo dove si allenavano le Aquile dove sono riuscito a fare i miei primi tre allenamenti….ma c’era un grosso problema, avevo solo 11 anni!!! Davvero troppo pochi per poter giocare a quello sport così rude e complicato e per tale ragione dovetti abbandonare i miei sogni di diventare un giocatore di football americano!!! Poi un pomeriggio di 7 anni dopo un conoscente mi vide bello tracagnotto e mi invitò nuovamente con lui a provare nella giovanile delle Aquile, i Duchi Ferrara…..e così iniziò la mia vera avventura con questo incredibile sport!!! Con il team estense ho disputato 4 campionati under 21 e 14 con la maglia dei Senior giocati quasi sempre da middle linebaker tutti a Ferrara tranne il 14° anno che ho disputato con i Saints a Padova dopo uno stop di 8 anni dal football giocato! Questo a dimostrazione del fatto che questo strabiliante sport non esce mai definitivamente dalla tua anima e dal tuo cuore! Adesso sono davvero un ex giocatore ma, proprio perché il football non ti lascia mai e vive per sempre dentro di te, ho deciso di passare sulla sideline come coach…. per vivere ancora le stesse emozioni e continuare a soffrire!

 

  • Da giocatore, che tipo eri?
    • Un tipo completamente diverso! Devo infatti dire che se non avessi iniziato questa avventura non sarei come sono ora. Giocavo e lo facevo per me stesso, mi piaceva questa cosa strana che non faceva nessuno mentre tutti i miei amici avevano il calcio o altre discipline più note: mi sembrava che i giocatori di football fossero tutti molto strani pure loro, al limite spesso della follia ed io mi ci riconoscevo bene dentro, mi sentivo protetto da questo mondo che era solo mio e ne pagavo volentieri il prezzo, la fatica e le rinunce ad altre cose e non volevo neanche stare troppo a spiegare il perchè agli altri, o capivano oppure no, le sensazioni che mi dava erano di potere e mentre mi sentivo fuori posto spesso, in campo si cancellava tutto, avevo un compito e farlo bene poteva portarti a vincere qualcosa. Poi il football, come molti sport di squadra, ti trasforma, ti insegna un sacco di cose come lo spirito di sacrificio, la fiducia nei tuoi compagni di squadra e la responsabilità che deriva dal fatto che anche loro si fidano di te; impari anche che chi cade a terra, intendo tutti, specialmente gli avversari, non va preso a calci ma aiutato a rialzarsi e sapete perché, perché a cadere poi può toccare a te.

 

  • Perché hai deciso di allenare?
    • Anche qui il caso ha giocato un ruolo di rilievo, oppure no? Non saprei ma nel 1996 il designato capo allenatore della giovanile a Ferrara mi ha chiesto se mi andava di aiutarlo ed io, improvvisando, ho accettato e alla fine ci sono rimasto per ben 11 anni come Defensive Coach dei Duchi! E’ un grosso impegno e, se non avessi avuto la passione nel sangue, probabilmente avrei rinunciato molto prima. Invece, oltre alla passione per lo sport in se, ho scoperto che mi piace trasmettere ciò che ho imparato, specialmente alle nuove leve e ai ragazzi che si avvicinano a questo mondo. L’apprendimento è un momento molto delicato e va gestito nello stesso tempo con fermezza e comprensione, non è facile, non riesce a tutti, non subito almeno ma richiede tanto tempo e dedizione.

 

  • Nella gestione dei giocatori fino a dove arriva il ruolo dell’allenatore?
    • Direi che l’allenatore ha un ruolo ovviamente fondamentale e che questo ruolo non ha mai termine; il giocatore che arriva in un team viene sempre e continuamente seguito da tutto il coaching staff, in tutto il suo percorso tecnico e di crescita sia in allenamento che in partita e a volte anche al di fuori dal campo di gioco. Credo che non si concluda neppure con il giocatore che lascia il team, perchè in passato è capitato spesso di allenare ragazzi di varie provenienze e con diverse esperienze alle spalle e riconoscere subito l’impronta lasciata dal primo coach, diversamente capita di trovare ragazzi che dichiarano di avere già “esperienza” ma invece sono ancora “tutti da formare”. Allenare non si limita al solo lavoro in campo ed il lavoro del coach non si chiude quando si spengono le luci degli spogliatoi, perchè quello che cerchiamo di trasmettere ha un risvolto più profondo, che si manifesterà poi in quello che è il risultato finale, non è solamente il vincere o perdere una partita ma si tratta della formazione di futuri giocatori e ragazzi consapevoli di loro stessi.

 

  • Quali sono secondo te le caratteristiche più significative per essere un buon coach?
    • Le caratteristiche sono tante, se le devo classificare parto dalla prima, quella che interessa tutte le società o quasi, cioè la preparazione tecnica! Personalmente credo sia importante ma non così primaria e qui parlo per esperienza diretta. E’ inutile avere un coach preparatissimo ma che non riesce a comunicare con la struttura societaria e con gli stessi giocatori, in breve tempo disintegra qualsiasi realtà. A parer mio, un buon coach oltre a saper mediare tra le necessità societarie ed il team deve saper dialogare e confrontarsi con rispetto. Serve un pizzico di umiltà ma anche sicurezza dei propri mezzi e spesso pugno di ferro in guanto di velluto. La pazienza e la passione sono doti fondamentali, occorre metodo per preparare il lavoro e pianificare bene gli allenamenti, perché tutto questo dà sicurezza e fa sì che le persone, tutte le persone che orbitano intorno alla squadra, e sono tante, ti seguano, ti rispettino e abbiano in te quella fiducia fondamentale nel tuo modo di lavorare. Per dirla breve, un buon allenatore deve dare e ricevere rispetto mentre armonizza e sintonizza un mix di caratteri e situazioni infinite! Non semplice…

 

  • Prediligi maggiormente la parte tattica, tecnica, umana?
    • Parlando ancora una volta delle sensazioni che ti trasmette questo sport, direi che la parte umana ed emozionale che ti rimane dentro per me vale già la pena e il tempo che passi a preparare te stesso e il tuo reparto ad affrontare una partita. Per arrivare a provare i brividi di piacere quando vedi in campo i tuoi ragazzi che segnano o fermano gli avversari, devi però per forza passare attraverso le altre fasi, quella tattica dove analizzi al meglio la forza dei tuoi antagonisti e dove al tempo stesso devi riconoscere le tue stesse debolezze e i tuoi punti di forza e sfruttarli o correggerli al meglio. E’ altresì importante anche la parte tecnica che talvolta appare la più noiosa ma comunque fondamentale per il raggiungimento di un obiettivo prestigioso.

 

  • Quali sono gli aspetti fondamentali che possono essere determinanti per avere una squadra vincente?
    • Per avere una squadra vincente bisogna partire dalla mentalità dei ragazzi, bisogna parlare a lungo con loro per trasmettere e far capire le fondamenta di questo sport. La cosa basilare è avere un gruppo unito che si diverte in campo. Se ottieni questo ed hai tempo per sviluppare anche l’aspetto tecnico e tattico sei a buon punto ma chiaramente non è sufficiente, devi comunque spronarli, motivarli senza soluzione di continuità. Anche la fortuna è fondamentale, ma il lavoro costante da sempre i suoi frutti e quando riesci a coinvolgere il gruppo i risultati arrivano. Questo per il solo aspetto tecnico e tattico ma la logistica e tutto il gruppo che assiste la squadra, dal presidente a chi ci apre il campo alla sera, sono altrettanto importanti! Senza una struttura solida e presente la squadra comunque non può andare lontano. E queste sono le cose che mi vengono in mente su due piedi, vogliamo poi parlare di risorse economiche, sponsorizzazioni ecc? No dai…

 

  • Secondo te per crescere ulteriormente quali sono le cose da migliorare all’interno del team?
    • Non è mai facile per un coach andare d’accordo con tutti i giocatori e talvolta è impossibile essere in armonia con tutti, così come accade nella vita quotidiana. Ma noi, siamo i Knights!!! Giochiamo a football ed abbiamo un sogno sportivo, quindi, se rimaniamo concentrati sull’obiettivo comune e lo facciamo con la testa e con il cuore, beh non so come andrà a finire ma son certo che ci divertiremo un sacco!

 

  • Come vedi la futura stagione dei Knights in Seconda Divisione e quale dev’essere l’obiettivo della squadra?
    • Come dicevamo in tempi non sospetti, sarà dura, anzi durissima! In seconda divisione è proprio una storia diversa, aumenta il numero dei giocatori in campo, cambiano le distanze, le prospettive, il modulo del campionato è diverso, la stagione è più fitta di impegni e affronti squadre molto più esperte, praticamente una finale ogni maledetta domenica! Il nostro approccio invece non deve cambiare. Una volta sistemati i reparti con il personale necessario, si affronteranno di volta in volta le sfide che il calendario ci metterà davanti, un passo alla volta, rispettando tutti ma non temendo nessuno. Obiettivo primario è fare esperienza, coinvolgere più giocatori possibile e ne servono appunto molti più della stagione passata, trarre utilità anche dalle sconfitte che arriveranno e non demoralizzarsi, avere fiducia in noi ed in tutti quelli che ci stanno intorno certi che ogni persona farà quello che è il proprio compito senza superficialità o leggerezza ma impegnandosi per andare avanti e non essere mai sazi.

 

  • Il tuo momento magico, la tua più amara delusione.
    • Dei momenti magici voglio ricordarne uno come giocatore, nella semifinale Aquile-Hogs 2003 quando vincemmo poi il titolo di seconda divisione, allora Silverbowl. Devo dire che ricordare il proprio nome urlato dagli spalti gremiti del Velodromo mi fa venire ancora i brividi. Ma voglio ricordare anche lo YoungBowl 1999 vinto come DC dei Duchi: credo che la festa per quel titolo non sia mai finita realmente! Le delusioni invece sono abbondanti… fammi pensare… chissà perchè mi viene in mente Cesena…

 

Grazie Coach Nero per la tua disponibilità, e buon lavoro!

 

Ufficio Stampa, Knights Sant’Agata

 

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